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Blog  di Caranas

La crisi ? Tutta colpa di Berlusconi…

16 Novembre 2011 , Scritto da CARANAS Con tag #POLITICA

Il merito più grande di Fini è stato quello di aver mandato gambe all’aria quello che a tutti gli effetti era un piano deleterio messo in piedi dalla cricca Tremonti-Bossi-Berlusconi contro l’interesse della nazione.

                                                                     di Spartaco Pupo 

                                    (Docente di Storia delle dottrine politiche all’Università della Calabria )

17enne-low.jpg 

Gianfranco Fini ha avuto ragione su tutto, smentendo anche le più pessimistiche previsioni circa il valore strategico e politico delle sue scelte. Il suo non era il risentimento personale per il mancato invito alle strategie conviviali di Arcore ma il grido d’allarme per le conseguenze infauste che le stesse avrebbero di lì a poco generato, mettendo a dura prova la tenuta dell’unità nazionale. Il merito più grande di Fini è stato quello di aver mandato gambe all’aria quello che a tutti gli effetti era un piano deleterio messo in piedi dalla cricca Tremonti-Bossi-Berlusconi contro l’interesse della nazione.

Sì, perché la responsabilità principale di Berlusconi, checché se ne dica, non è stata quella di avere “nascosto” la crisi sotto il falso velo dell’ottimismo, ma quella di avere permesso che la crisi globale venisse addirittura cavalcata, se non cinicamente acuita con l’unico intento di arrivare alla recessione, che a ben vedere rappresenta la via più breve verso la secessione. Il Sud, infatti, privo com’è d’industrie e depauperato fino all’osso da un governo a trazione leghista, difficilmente sarebbe sopravvissuto alla recessione, accrescendo di molto il suo già ampio divario rispetto al Nord e dando campo libero all’agognata secessione settentrionale. Tremonti, in altri termini, non ha fatto altro che favorire una serie di contorsioni economiche a vantaggio esclusivo del Nord e contro il Sud, attuando una politica altamente recessiva che, senza l’interruzione provvidenziale di questi ultimi giorni, avrebbe fatto scoppiare il debito pubblico e agevolato la realizzazione del sogno padano.

È forse una lettura troppo spinta di quanto è accaduto negli ultimi tre anni? Può darsi. Ma la cruda evidenza dei fatti e la gravità della situazione attuale richiedere analisi realistiche e possibilmente scevre da facili buonismi e astuzie retoriche. Se la meta finale non fosse stata la recessione-secessione, il Pdl e la Lega non avrebbero dovuto fare nient’altro che quello che è scritto nel programma di qualsiasi destra liberale: la diminuzione del debito pubblico attraverso la riduzione delle tasse. Tremonti, dati alla mano, si è mosso su una linea completamente diversa. E siccome l’alternativa della sua inettitudine non si porrebbe neanche, non resta che considerarlo come ciò che effettivamente è stato, e cioè la mano economica della secessione leghista, l’autore di una serie di provvedimenti non a favore del rilancio dell’economia ma contro la crescita del Paese. L’assenza totale di politiche a sostegno delle famiglie, l’aumento indiscriminato dell’Iva con la consapevolezza che avrebbe comportato la lievitazione incontrollata dei prezzi, l’aumento delle accise sulla benzina, il blocco degli scatti stipendiali, la contrattazione aziendale e via discorrendo, tutto sono tranne che misure d’impatto economico. La riforma delle pensioni, quella sì, avrebbe contribuito a placare i mercati se solo avesse prodotto i suoi effetti immediatamente e non tra quindici anni, come invece è stato stabilito per assecondare i diktat di una Lega che si scopre solo ora, guarda caso, protettrice dei diritti acquisiti e delle pensioni d’anzianità, dopo che negli anni ’90 non aveva fatto altro che attaccare proprio il sistema delle pensioni additandolo come l’emblema delle ruberie e dell’assistenzialismo statalista. Se a tutto ciò si aggiungono le misure tremontiane a svantaggio del Meridione, come lo scippo dei fondi Fas alle infrastrutture del Sud per pagare le quote latte del Nord, e il taglio al finanziamento del ponte sullo Stretto, che per quanto criticabile avrebbe rappresentato una boccata d’ossigeno non indifferente per l’economia meridionale, il quadro è completo. Si doveva evitare sistematicamente qualsiasi misura che potesse favorire la crescita economica dell’Italia intera e la diminuzione del debito pubblico. E così è stato.

Un presidente del Consiglio decisionista e soprattutto paladino dell’unità nazionale avrebbe come minimo sostituito un ministro così palesemente contrario alla crescita organica del Paese. Berlusconi, al contrario, l’ha lasciato fare, accampando la scusa, peraltro infondata dati i precedenti, che non è possibile cambiare un ministro senza cambiare il governo, e dando in realtà l’impressione di favorire il disegno separatistico della Lega che per questo, e non per altro, ostentava lealtà al suo esecutivo. Una Lega che, non a caso, oggi si colloca, e per intero senza cioè alcuna defezione interna, all’opposizione del governo Monti che, guarda caso, si presenta come il governo del risanamento, della crescita, dell’equità sociale e dell’unità nazionale. 

 

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G
<br /> <br /> berlusconi è stato un ingrato nei confronti della politica italiana e degli italiani ingenui, per quello che gli è stato concesso, perchè se non fosse stato presidente sarebbe andato in galera e<br /> non avrebbe neanche un soldo, perchè le sue imprese non ci sarebbero state più.Ora è andato a piangere da Monti perche non lo arrestino. Son certa che pian piano svanirà e non se ne sentirà<br /> parlare più<br /> <br /> <br /> http://it.wikipedia.org/wiki/Banca_Rasini<br /> <br /> <br /> ma questa è solo la parte più conosciuta<br /> <br /> <br /> <br />
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C
<br /> <br /> Ora però so catzi ! Il popolo non perdona e la storia insegna.<br /> <br /> <br /> <br />