Il dolore e gli amici di Giobbe
28 Maggio 2012 , Scritto da CARANAS Con tag #RELIGIONE
«Tre amici di Giobbe vennero a sapere di tutte le disgrazie che si erano abbattute su di lui. Partirono, ciascuno dalla sua contrada, Elifaz di Teman, Bildad di Suach e Sofar di Naamà, e si accordarono per andare a condividere il suo dolore e a consolarlo (…) .Sedettero accanto a lui in terra, per sette giorni e sette notti. Nessuno gli rivolse una parola, perché vedevano che molto grande era il suo dolore ».
Avevo letto questo passo della Bibbia (Gb 2, 11-13) un mese fa, e l’immagine dei tre amici che consolavano Giobbe senza dirgli una parola, standogli semplicemente vicino per una settimana notte e giorno mi colpì molto. Ho ripensato a questi versetti una settimana fa. Un lutto improvviso, una sorella ancora giovane se n’è andata in pochi minuti, sola in casa, senza nessuno a tenerle la mano a farle coraggio ..
Sono passati 9 giorni, ancora non riesco a capacitarmi di questa assenza. Non riesco a pensare che mia sorella non ci sia più. Ma la realtà è questa , e me lo ricorda il dolore che cova sotto nelle cose quotidiane che faccio.
Il distacco, la separazione da ciò che amiamo, ravvivano quel fuoco mai sopito che torna ad ardere nel senso della perdita nella società odierna che vorrebbe (e spesso riesce) rimuovere la prova del dolore. Non è così per me. Gli amici di Giobbe lo trattarono come se non fosse afflitto, rinunciando a discorsi consolatori. Non donne pagate per piangere i defunti come nell’antica Grecia e nella Roma di Cesare. Figure pure esse amiche di Nella eran presenti nella veglia . Silenziose , come gli amici di Giobbe. Erano presenti accanto a Raffaele rimasto orfano , non consolatori molesti (come disse poi Giobbe) di noi fratelli e soprattutto del figlio, ma presenze silenziose, di un silenzio dignitoso, serio, amico, partecipe, vicino a Gesù che con la sua Risurrezione ci ha annunciato la nostra vita eterna del corpo e dell’anima e non del solo spirito come nella dottrina greca.
Il dolore, come per Giobbe resta. Però, lei che amava la vita , ci dice :
“ Non cambiare tono di voce, non assumere un'aria solenne o triste. Continua a ridere di quello che ci faceva ridere, di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme” .
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