La tenda pallida
29 Ottobre 2013 , Scritto da CARANAS
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Un bellissimo amarcord di Massimo Martino
La tenda pallida
Questo campo scout, di cui un giacimento di foto, come un prezioso tesoro disseppellito, giunge adesso a irrorarne la memoria, si edificava, fino adesso, su un’esile palafitta di ricordi. L’andare a raccogliere legna facendo attenzione a prendere solo i rami secchi e già caduti a terra e non quelli verdi (ed era proibito staccare i rami dai tronchi). La prova fra le squadriglie di costruire una solida barella proprio con quei rami storti e secchi che trovavamo. Le partite a pallone, il rigore parato. La cambusa, luogo a noi inaccessibile, su cui regnava Pino Del Corno. La cena intorno ad una fioca luce mangiando “la pastina” su cui ogni tanto cadevano “le fratte” delle cime vicine. L’altare e il leggìo di legno costruito dagli scout e la messa di don Aldo, con i genitori che quella domenica arrivarono con delle angurie, una più grossa dell’altra, che a molti di noi rimasero sullo stomaco. Era il 1970. Si era improvvisamente rotto a Fuscaldo il trasformatore della cabina elettrica all’altezza dell’officina Calì. Mancavano pochi giorni alla finale di Città del Messico fra Italia e Brasile. Il trasformatore era il cuore di una cabina elettrica, un blocco imponente che pesava abbondantemente oltre il quintale. Incominciò così una corsa contro il tempo delle giacchette blu dell’Enel e delle tante persone del paese che diedero una mano. Quando don Aldo durante la messa del campeggio alzò il calice, io e il mio inseparabile amico Peppino “sacrilegamente” ridemmo, pensando, fra dissacrazione e immaginazione, che fosse la coppa Rimet alzata qualche settimana prima da Pelè e compagni. Queste immagini arrivano adesso a infrangere delle epifanie cristallizzate, dei ricordi sedimentati che ritenevamo “definitivi”. Occorrerà del tempo per rielaborare questi “nuovi” materiali.
Alcuni anni fa, ebbi modo di parlare con Vincenzo Cerveri, il nostro capo Akela, del campeggio ora oggetto di queste foto. Vincenzo era, così come appariva, una persona buona e mite, con una sua idea di pedagogia, di educazione di cui sentiva la responsabilità. Negli occhi conservava intatto tutto quel patrimonio evocativo, olfattivo, aneddotico di quell’esperienza. Alla fine gli confessai che chissà cosa avrei dato per risentire l’odore di quell’accampamento, di quelle tende i cui colori sfumavano dal bianco ghiaccio al grigio chiaro, impregnate dagli umori di noi bambini e da un vago sartiame di corde.
http://foranastasis.over-blog.it/2013/10/scautismo-a-fuscaldo.html
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“ Non c’è verso ” è una silloge di poesie intensa, sincera, pura, in cui non c’è spazio per momenti che vogliono essere celati o tenuti per sé. Nel libro si avvertono frequentemente momenti di buio, ma quasi sempre seguiti da una piccola luce in fondo al tunnel. Una poesia non va spiegata diceva Pablo Neruda: "Quando la spieghi la poesia diventa banale, meglio di ogni spiegazione è l'esperienza diretta delle emozioni che può svelare la poesia ad un animo predisposto a comprenderla." , ai lettori resta l’interpretazione. ( Nicoletta Mandaradoni )
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