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Blog  di Caranas

Gli Stati Caporali

21 Giugno 2020 , Scritto da CARANAS Con tag #Gli Stati Caporali

 

Diciamola semplice: attendersi che “la classe dirigente” possa cambiare registro e visione solo perché c’è una crisi generale è una pura illusione. Fondata, per carità, specie in chi coltiva la speranza che in ogni essere umano alberghi la scintilla della razionalità. Ma è un’illusione.

Guardando al contorto gioco “politico” di questi giorni, tra “Piano Colao”, “Stati generali”, divisioni interne a maggioranza e opposizione, poche cose risultano chiare. Ma solo se ci si allontana un attimo dal susseguirsi di tweet e battute a beneficio delle televisioni e si prova ad osservare dall’alto questo formicaio dove tutti corrono in ogni direzione, apparentemente senza una direzione, le cose diventano più chiare.

Il rebus da risolvere, per tutti i soggetti in campo, è immane. Come risollevare questo Paese, dopo 30 anni di disinvestimenti pubblici e privati, con un debito pubblico “eccessivo”, imprese che delocalizzano e multinazionali che ricattano (“o si fa come diciamo noi, o ce ne andiamo”), imprenditori che investono i profitti nella finanza, senza risorse né autonomia monetaria, con una ricchezza privata altissima ma congelata (immobili, conti correnti, fondi finanziari) e soprattutto senza progetti di lungo respiro, coordinati in una strategia razionale?

Nella babele delle risposte possibili emergono con forza alcuni elementi.

La “crisi pandemica” è un’occasione che nessuno si vuol far scappare. L’”emergenza” e la necessità della “ricostruzione” consentono infatti di far piazza pulita di regole, leggi, diritti, poteri, abitudini, mentalità. Come dopo una guerra o quasi, mentre tutti – o la maggioranza della popolazione – camminano con la testa volta all’indietro, in attesa di un impossibile “ritorno alla normalità”.

 

Ricostruire costa. E in mancanza di un “prestatore di ultima istanza” – o di una “superpotenza amica” disposta a finanziare l’equivalente attuale di un Piano Marshall – le uniche possibili iniezioni di capitale provengono dall’Unione Europea. Sotto forma di prestiti (che aumentano il debito pubblico) e di trasferimenti solo in teoria “a fondo perduto”, comunque condizionati alla realizzazione di “riforme strutturali” già codificate in alcune “linee guida” che ripropongono la solita austerità, giusto rinviata per il tempo necessario a produrre di nuovo un saldo attivo di bilancio con cui ripagare – se non il debito – almeno gli interessi.

f.contropiano

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