Essere bambini al tempo della Shoah
26 Gennaio 2013 , Scritto da CARANAS Con tag #SHOAH
Adolf Hitler e i bambini. La questione della razza, i lager, l’educazione del perfetto nazista.
Mentre accarezza testoline bionde davanti alle macchine da presa, Hitler polverizza l’idea moderna di infanzia come età incolpevole da proteggere e preservare. Dal 1933 i piccoli ebrei tedeschi non sono accettati a scuola se non nella misura del l’1,5% della popolazione "ariana" e spesso vengono isolati e aggrediti dai compagni; con la guerra non possono più frequentare neppure le scuole ebraiche. Circa due milioni di bambini ebrei vennero uccisi in tutte le tappe dello sterminio - a Varsavia solo fra l’agosto e il dicembre 1941 morirono in 2400 sotto i 13 anni. Nei lager i bambini erano le prime vittime delle camere a gas, erano piccoli lavoratori coatti, cavie per gli esperimenti "scientifici", oggetto di piacere per i "kapo"". Non se la passano meglio piccoli zingari e politici (figli degli esuli spagnoli o piccoli resistenti).
Ma erano vittime anche i bambini tedeschi. Non solo i 5000 sterminati nel corso dell’operazione Eutanasia e le decine di migliaia di quattordicenni e quindicenni arruolati negli ultimi mesi di guerra. Nelle scuole trasformate in fortezze ideologiche, milioni si scolari e di scolare erano inquadrati nelle organizzazioni di regime. I maschi, che a 10 anni giurano solennemente di dare la vita per "il salvatore della patria", vennero educati a combattere e a morire sorridendo, le femmine a diventare disciplinate incubatrici della razza, pronte in futuro a far sterilizzare un figlio imperfetto.
Per i primi, addestramento militare e parate, per le seconde "eugenetica" e "scienza della razza"; per tutti molta ginnastica e indottrinamento, poca istruzione che "debilita la mente e paralizza le energie volitive".
Tristissima la sorte dei bambini dell’operazione Lebensborne, una rete di cliniche-asili-prigione aperte in Germania per far partorire le "ariane" non sposate; con la guerra, il Lebensborne si estese all’Europa occupata come strumento di germanizzare i bambini "razzialmente pregiati" di altri paesi, che vennero rastrellati nelle scuole, negli orfanotrofi o per strada, a volte presi dai Lager e poi affidati all’organizzazione stessa o dati in adozione a coppie tedesche. Erano circa 200.000 piccoli tedeschi e ucraini, scelti per gli occhi azzurri e i capelli biondi, condannati allo sradicamento assoluto in cambio di un futuro tedesco in una famiglia, in una scuola, in un esercito tedeschi. Distrutti i documenti anagrafici, eliminato ogni legame, dopo la guerra i più resteranno con i parenti adottivi, spesso disprezzati come "figli della colpa e stranieri in patria" .
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“ Non c’è verso ” è una silloge di poesie intensa, sincera, pura, in cui non c’è spazio per momenti che vogliono essere celati o tenuti per sé. Nel libro si avvertono frequentemente momenti di buio, ma quasi sempre seguiti da una piccola luce in fondo al tunnel. Una poesia non va spiegata diceva Pablo Neruda: "Quando la spieghi la poesia diventa banale, meglio di ogni spiegazione è l'esperienza diretta delle emozioni che può svelare la poesia ad un animo predisposto a comprenderla." , ai lettori resta l’interpretazione. ( Nicoletta Mandaradoni )
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