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Blog  di Caranas

Longarone prima e dopo

9 Ottobre 2013 , Scritto da CARANAS

È passato mezzo secolo dal disastro del Vajont: la tragedia più evitabile e drammatica che la storia d’Italia annovera dalla conclusione della Seconda Guerra Mondiale. In pochi, terribili istanti, le comunità del Vajont vengono letteralmente spazzate via da un fiume incontenibile che alla fine, lascerà dietro di sé solo devastazione e morte. Le vittime contate furono duemila. «Quell’evento non fu una tragica, inevitabile fatalità, ma drammatica conseguenza di precise colpe umane, che vanno denunciate e di cui non possono sottacersi le responsabilità», scrive il presidente Giorgio Napolitano. Fu un disastro annunciato e denunciato da pochi giornalisti coraggiosi e da periti onesti che ne segnalarono invano la pericolosità e che, se ascoltati, avrebbero potuto evitare la strage. In questi giorni, assieme alla tragedia, viene commemorata anche Tina Merlin, giornalista dell’Unità che aveva anticipato in diversi articoli i pericoli corsi dalla gente della valle del Vajont e per questo fu spesso censurata e oggetto di intimidazioni. Prevalsero solo logiche economiche e di profitto. Oggi la diga coi suoi 264 metri è la quinta più alta del mondo (allora era la più  alta in assoluto), ma attualmente è in disuso: nel suo bacino non c’è più acqua, e un pezzo di montagna precipitato nell’invaso. Tra le vittime 487 bambini, uccisi dalla furia della massa d’acqua e fango che si muoveva a una velocità pazzesca: 100 chilometri all’ora. Della popolazione infantile si salvarono oltre un centinaio di bimbi. La mattina del 10 ottobre, i sopravvissuti si trovarono di fronte una landa desolata, un paese raso al suolo. Uno dei più piccoli sopravvissuti, Bruno Pradella, 56 anni, allora aveva solo sei anni e frequentava la prima. Oggi ricorda i compagni scomparsi: «Mancavano già da quasi tre mesi e il loro ricordo non si affievoliva, quel vuoto diventava sempre più grande, ci toglieva il respiro». Oggi Longarone è una cittadina nuova e ripulita, i palazzi sono moderni, hanno colori pastello. Ne è sindaco dal 7 giugno 2009 l’attivissimo Roberto Padrin, 42 anni, eletto con una Lista civica. «La Longarone di oggi ha ancora una ferita aperta, il Vajont è un punto di riferimento doloroso. I sopravvissuti hanno avuto la forza e il coraggio di ricostruire Longarone dove era stata distrutta, dove era morta. Oggi è viva, ospita 50 associazioni che lavorano per la comunità.- dichiara il sindaco- Mai e poi mai, però, potrà dimenticare la sua storia, perché il Vajont è Longarone. La responsabilità dell’uomo è stata chiarissima, l’uomo resta l’unico colpevole. In alcuni superstiti rimane il rancore, perché giustizia vera non è mai stata fatta». Claudia Polsinelli

È passato mezzo secolo dal disastro del Vajont: la tragedia più evitabile e drammatica che la storia d’Italia annovera dalla conclusione della Seconda Guerra Mondiale. In pochi, terribili istanti, le comunità del Vajont vengono letteralmente spazzate via da un fiume incontenibile che alla fine, lascerà dietro di sé solo devastazione e morte. Le vittime contate furono duemila. «Quell’evento non fu una tragica, inevitabile fatalità, ma drammatica conseguenza di precise colpe umane, che vanno denunciate e di cui non possono sottacersi le responsabilità», scrive il presidente Giorgio Napolitano. Fu un disastro annunciato e denunciato da pochi giornalisti coraggiosi e da periti onesti che ne segnalarono invano la pericolosità e che, se ascoltati, avrebbero potuto evitare la strage. In questi giorni, assieme alla tragedia, viene commemorata anche Tina Merlin, giornalista dell’Unità che aveva anticipato in diversi articoli i pericoli corsi dalla gente della valle del Vajont e per questo fu spesso censurata e oggetto di intimidazioni. Prevalsero solo logiche economiche e di profitto. Oggi la diga coi suoi 264 metri è la quinta più alta del mondo (allora era la più alta in assoluto), ma attualmente è in disuso: nel suo bacino non c’è più acqua, e un pezzo di montagna precipitato nell’invaso. Tra le vittime 487 bambini, uccisi dalla furia della massa d’acqua e fango che si muoveva a una velocità pazzesca: 100 chilometri all’ora. Della popolazione infantile si salvarono oltre un centinaio di bimbi. La mattina del 10 ottobre, i sopravvissuti si trovarono di fronte una landa desolata, un paese raso al suolo. Uno dei più piccoli sopravvissuti, Bruno Pradella, 56 anni, allora aveva solo sei anni e frequentava la prima. Oggi ricorda i compagni scomparsi: «Mancavano già da quasi tre mesi e il loro ricordo non si affievoliva, quel vuoto diventava sempre più grande, ci toglieva il respiro». Oggi Longarone è una cittadina nuova e ripulita, i palazzi sono moderni, hanno colori pastello. Ne è sindaco dal 7 giugno 2009 l’attivissimo Roberto Padrin, 42 anni, eletto con una Lista civica. «La Longarone di oggi ha ancora una ferita aperta, il Vajont è un punto di riferimento doloroso. I sopravvissuti hanno avuto la forza e il coraggio di ricostruire Longarone dove era stata distrutta, dove era morta. Oggi è viva, ospita 50 associazioni che lavorano per la comunità.- dichiara il sindaco- Mai e poi mai, però, potrà dimenticare la sua storia, perché il Vajont è Longarone. La responsabilità dell’uomo è stata chiarissima, l’uomo resta l’unico colpevole. In alcuni superstiti rimane il rancore, perché giustizia vera non è mai stata fatta». Claudia Polsinelli

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