Mi sa che per un paio d’anni non voterò più.
Facce di merda ! A Palermo, il Pd si fonde con Alfano: listone unico per sostenere Orlando. E il simbolo dei dem scompare dalle schede.
dal FQ
Erano tutti o quasi d’accordo: con Angelino non andremo mai più, dicevano. E invece non solo il Pd torna ad allearsi con Alfano, ma addirittura è costretto a occultare il suo simbolo per fondersi con Alternativa Popolare, il neonato partito del ministro degli Esteri. Succede in Sicilia, infaticabile laboratorio politico nazionale, dove lunedì gli esponenti dem hanno presentato la loro lista in vista delle amministrative di Palermo. Dopo cinque anni all’opposizione del sindaco Leoluca Orlando, infatti, il partito del sottosegretario Davide Faraone – sconfitto alle primarie nel 2012 – ha ben pensato di riporre in archivio centinaia di dichiarazioni al vetriolo contro il primo cittadino palermitano per sostenerne la ricandidatura, in mancanza di concorrenti più credibili.
Solo che Orlando – eletto sindaco per la prima volta nell’ormai lontanissimo 1985 – non è certo l’ultimo arrivato. “Piero Fassino a Torino ha perso non perché ha amministrato male, ma perché è diventato simbolo dei partiti“, ha ripetuto fino allo sfinimento il professore ai suoi fedelissimi. Ed è proprio per evitare di fare la fine di Fassino – cioè essere battuto clamorosamente dal Movimento 5 Stelle – che Orlando ha dato il suo ultimatum al Pd: sì all’alleanza ma senza alcun simbolo di partito.
I comunisti una volta c’erano ed erano tanti ed uniti
Era bello sentirsi parte di una casa comune ai tempi di Berlinguer. Poi arrivarono quelli con la “r” moscia ed incominciarono a dividere. Comunista con orgoglio tirato fuori non solo nelle feste dell’unità. Era anche più facile orientarsi : c’erano i comunisti (tantissimi) , i democristiani, qualche socialista e poi quelli dei partitini liberali e repubblicani.
Un terzo del Paese si identificava nella falce e martello e amava cantando Guccini a pugno chiuso. Ora c’è Renzi , Emiliano ed Orlando che, a me sembra, di sinistra con falce e martello non hanno nulla. E non è questione di nostalgia comunista.
Vediamo di fare allora una mappa per vedere dove sono finiti quelli dell’agguerrito popolo rosso.
Partito Marxista Leninista Italiano, sigla PMLI, fondato addirittura nel 1977, segretario Giovanni Scuderi.
Partito Comunista Italiano Marxista Leninista, sigla PCIML, che si è persino presentato alle ultime elezioni politiche raccogliendo le forze per portare al Senato il segretario Domenico Savio. C'è mancato un pelo: 0,03%, ma la prossima volta ce la fanno sicuro.
Partito di Alternativa Comunista guidato dall'intraprendente Adriano Lotito. Ha raccolto un buon 0,02% alle urne, che sono pur sempre oltre 5.000 voti e superano dunque la fatidica soglia di parenti e amici, oltre quella di un rappresentante d'istituto.
Partito Comunista d'Italia, o Partito Comunista Italiano, fondato giusto giusto nel 2016 e con segretario Mauro Alboresi;
Partito Comunista dei Lavoratori, guidato da Marco Ferrando (un ottimo 0,26% alla Camera nel 2013), fuoriuscito ormai dieci anni fa dal
Partito della Rifondazione Comunista, ancora vivo e vegeto e coordinato da Paolo Ferrero. Attenzione però: all'interno di Rifondazione, Ferrero deve tenere a bada la corrente Essere Comunisti, guidata da Claudio Grassi, che potrebbe sentire il bisogno di ricercarsi una propria identità altrove, magari fondando un altro partito.
Esiste anche il Partito Comunista, così, semplice, senza ulteriori aggettivi. Lo guida Marco Rizzo, quello che nel 2008 ci aveva provato a mettere d'accordo tutti, dicendo che bisognava ripartire “da un nuovo partito comunista (un altro?!) fatto di tutti i comunisti che vogliono superare radicalmente questa società”. Non aveva funzionato benissimo, tanto che, oltre a tutti quelli già citati, non bisogna dimenticare l'aggiunta del
Nuovo Partito d'Azione di Pino Quartana, che magari non sarà proprio comunista, ma qualcosa di sinistra lo dice.
Partito Democratico. I centristi li considerano rivoluzionari, i rivoluzionari li giudicano centristi: sono i vari delusi dalla deriva democristiana del Pd, che hanno tentato di creare un'alternativa a sinistra, senza però esagerare con i simboli del passato, anche perché, s'è visto, con falce e martello sopra l'1% non si va.
Pippo Civati ha fondato Possibile, che flirta, ma senza sbilanciarsi, con
Sinistra Italiana, il gruppo che mette insieme Sinistra Ecologia e Libertà e Futuro a Sinistra, ovvero Nichi Vendola e Stefano Fassina.
Partito Socialista Italiano di Riccardo Nencini, che non ci sogniamo di confondere con i comunisti, sia chiaro, ma rappresenta comunque un animo ben più forcaiolo rispetto ai governanti democratici, forte del suo 0,19% portato alla coalizione nell'ultima tornata elettorale.
Alla sinistra del Pd si contano almeno diciotto sigle, di cui otto si rifanno apertamente al comunismo e almeno quattordici non superano l'1% alle urne.
Si fa quasi fatica a non scadere nel freddo elenco puntato, ma la sinistra, in effetti, offre (ancora) molto. Ricordate Antonio Ingroia? Uno dei più grossi trombati delle elezioni del 2013: i sondaggi lo davano intorno al 4/5%, prese meno del 2% con la sua Rivoluzione Civile, gruppo che comprendeva anche il Movimento Arancione di Luigi De Magistris, per il momento concentrato sugli affari campani. Il gruppo non esiste più, ma Ingroia si è reso utile a livello locale, in Sicilia, chiamato da Crocetta, e chissà che non tenti ancora l'avventura in Parlamento un giorno.
Verrebbe da chiedersi, oltre al perché di tanta differenziazione, quanto costi ad ogni partito mantenersi, oppure, al contrario, quanto costino a noi.
Anche mettendosi tutti insieme difficilmente si arriverebbe ai fasti della Prima Repubblica, ma se non altro si farebbe molta meno confusione. Una volta era più semplice: qualcuno era comunista, qualcuno no. Oggi si fa presto a dir comunista: vallo a sapere, poi, che comunista sei.
L'ALTRA EUROPA
Donne musulmane, per mano sul ponte di Westminster. Nel luogo dell'attentato di mercoledì. Anche questa è Europa
DAVID 2017
GENTILONI MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA
La Ferrari torna a vincere. Quanto durerà ?
Dopo quasi due anni di digiuno (settembre 2015) la Ferrari è tornata a vincere. Sebastian Vettel, 4 volte campione del mondo, ha dominato il Gran Premio di Australia, prima prova del Mondiale 2017, disputato sul circuito di Melbourne.
Alle sue spalle, le due strafavorite Mercedes di Hamilton (campione uscente) e Bottas. Al quarto posto la seconda “rossa”, guidata dal finlandese Raikkonen.
Corsa che sembrava scontata. Hamilton subito in testa, ma ritardando il pit stop al giro, numero 24, Vettel ha preso il comando e non l’ha più lasciato.
Erano 7 anni che la Ferrari non vinceva la gara di apertura. Allora fu Alonso. Da notare che l’unico pilota Italiano in gara, l’esordiente Giancarlo Giovinazzi, su Sauber, ha chiuso al dodicesimo posto.
Torna l'ora legale
Torna l’ora legale, con tutte le sue conseguenze: le giornate si allungheranno ancora di più e potremo goderci la luce del sole più a lungo nel pomeriggio, ma dormiremo un’ora in meno. Ecco quando scatterà il cambio di orario.
Le lancette degli orologi, infatti, saranno spostate avanti di un’ora nella notte tra sabato 25 e domenica 26 marzo, e molti di noi, per le ore successive, potrebbero soffrire di irritabilità tipica del jet-lag in seguito al cambiamento di orario. Un piccolo dazio da pagare, poi finalmente sarà primavera a tutti gli effetti.