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Blog  di Caranas

Un piatto molto molto piccante… anzi calabrese, quasi messicano

31 Dicembre 2009 , Scritto da CARANAS Con tag #CUCINA

 

                                Il chili alla calabrotexana 


                                terence-hill.jpg


                                                                                     di Caranas
Il peperoncino si sa è tipico della cucina calabrese , una vera delizia su alcune pietanze.

Si distingue dal peperone dolce per il più alto contenuto di capsicina (parolaccia scientifica ) la sostanza che lo rende piccante. Non voglio qui dissertare sulla sua storia perché voglio proporvi una ricetta “da single” sperimentata durante gli anni duri della contestazione. Allora preparavamo piatti poveri, fagioli alla Terence Hill, più tardi sperimentando peperoncino , carne, pancetta e cipolla , scoprimmo la somiglianza con un piatto già esistente : “il chili alla texana”. Nota : il peperoncino era  usato già 5500 anni a.C. A noi e arrivato  tramite don Cristoforo Colombo. I peperoncini più piccanti sono i cosiddetti “diavulicchi” calabresi di forma conica e lunghi solo due cm.

Ed ora la ricetta :

 

A)    frullate insieme 2 spicchi di aglio, 2 diavulicchi, 1 peperone piccante medio, 1 peperoncino verde piccante fresco (quelli dei frijarielli), 2 peperoncini dolci, 1 cucchiaio di cumino.

B)     Man mano unite olio di oliva fino ad ottenere una pasta su cui aggiungerete un cucchiaio di paprika.

C)    Tagliate 700 grammi di polpa di manzo a cubetti di 3-4 cm di lato

D)    Bucherellate con la punta di un coltello i cubetti di manzo e mischiate il tutto nella pasta piccante preparata in precedenza

E)     Riponete il preparato in frigorifero e lasciatelo riposare per due o tre ore ( più ci sta , meglio è – max comunque 5 ore)

F)     Fate fondere in un tegame 130 gr di pancetta dolce e aggiungete la carne che ha riposato in frigo

G)    Quando è rosolata bene unite una cipolla (meglio se di Tropea) tritata fine e lasciatela appassire

H)    A questo punto versate 500 gr di pomodori da salsa strizzati (e mondati dai semi fastidiosi), un peperone rosso dolce tagliato a dadini e aggiungete un pizzico di maggiorana e due foglie piccole di lauro (alloro)

I)       Fate cuocere per circa due ore a fuoco lento utilizzando ogni tanto, un cucchiaio di legno per rimestare .

Servire infine in ciotole di terracotta

 

 peperfuoco-copie-2.jpg

                                         

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A STRINA CUSENTINA

23 Dicembre 2009 , Scritto da CARANAS Con tag #FUSCALDO

 

                                                                                                                 © Riproduzione riservata

 

… senz’essiri chiamati simu vinuti…

                                                                                             di Caranas

 

I canti calabresi sono veramente belli e ricchi di significato. In questa epoca globalizzante, non possiamo  non cogliervi una duplice sensazione che li accomuna quasi tutti : la malinconia e l’angosciosa rassegnazione, inevitabile implicazione , ma anche difensiva voglia di tradizione che cerca di annullare il distacco e la lontananza dalla propria terra. Ė Natale e voglio ricordare “ a strina” , quella cosentina, secondo me la più bella , nella insuperabile “voce del sud” Mimmo Toscano ( clicca sul link che segue).

La “strina” è la trasposizione dialettale di “strenna”. Da noi , in Calabria, assume anche il significato di “dono”, “u rigalu” fatto da gruppi di giovani che diversi anni fa , la sera del 31 dicembre, dopo aver mangiato e bevuto in famiglia, facevano il giro delle case dei compari, amici e parenti per cantare a strinna. Non portavano con loro solo strumenti musicali, c’era anche l’inseparabile “panaru” dove venivano messi i doni ricevuti per l’augurio del nuovo anno. Non c’era preavviso per queste visite, quasi una serenata, con la differenza che l’esibizione d’augurio veniva fatta all’interno delle abitazioni visitate. Il canto è chiuso dalla strofa “della volpe” o “gatta” che rappresenta un invito (“sollecito”) al padrone di casa ad offrire da bere per “schiarire” le voci e cantare meglio. Una semplice ricerca qui a destra nella sezione canti popolari  fornirà il testo della canzone che per motivi di spazio qui viene omesso.

 


clicca sul link  ... per un migliore ascolto usa le cuffie

https://www.youtube.com/watch?v=VRkcuYmWWYk

 

 

 

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A scirubetta

20 Dicembre 2009 , Scritto da CARANAS Con tag #RELIGIONE

 

                                                                                                                            di Caranas 
                        scirubetta 008

Qui a Milano è arrivata la neve ed il paesaggio si è imbiancato diventando una cartolina natalizia. Con la prima neve non posso non pensare a Fuscaldo, il mio paese d’origine. Lì , da piccoli, aspettavamo la neve per farci la scirubetta, con bicchiere in mano e cucchiaio.” Aspetta, cchiu tardi … a prima è fitusa”, eppure l’aria non era così sporca come ora al nord. La scirubetta  è la classica manciata di neve in un bicchiere mescolata  al milazzo ( miele di fichi o vin cotto). Una squisitezza ! Come allora, la neve è sempre un grande evento per i bambini, evento che aspettavamo sin dalla metà di novembre. Alla fine di gennaio invece, aspettavamo i candili, pezzi di ghiaccio a cono da succhiare.

Quando si andava giù dabasso di mattina presto a prendere la prima neve, anche i galli che di solito annunciavano il giorno con il loro maestoso chicchirichì, tacevano per rispetto al bianco spettacolo. Come i piccioni durante l’eclisse  solare. La neve per noi significava anche giornata di vacanza. Prima  i giochi col pupazzo di neve con due olive nere per occhi e mandarino per naso (mandarino con fosparo o pezzetto di legno appuntito,  non carota!), ornato infine con una vecchia scopa in mano ( fermati ca chiddra è nova!) Seguiva la lotta del lancio delle palle di neve , il freddo nel colletto e sulla schiena, le mani gelate ( e chi ce l’aveva i guanti!), i nasi colanti,  e tutto caratterizzava la nostra felicità. Poi arrivava il momento della scirubetta raccolta in una vasia , più lontano,  dove non avevamo giocato. Il bianco riempiva i bicchieri che si coloravano subito di delizia nera: il milazzo!

 

Curiosità : al sud c’è stata la dominazione araba e scirubetta deriva da sciorbet , cioè gelato.

 

Varianti : sostituire il milazzo con caffè, cioccolato, succo di arancia.

 

Per i fuscaldesi : a Natale non dimenticate i sorvi e ri cachì si nun allippanu!

 

                         Fuscaldo-prima-neve.jpg

                                             Fuscaldo - prima neve - foto : www.fuscaldocity.it

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IL NUOVO GOVERNO PER L'ITALIA FUTURA

19 Dicembre 2009 , Scritto da CARANAS Con tag #POLITICA


                                                                                                       di Carmelo Anastasio

                                     parlamento2


Dopo tanti tentativi, dobbiamo ammetterlo : l’Italia non si governa da sinistra. La sinistra riformista , se vorrà tornare al governo ( e oggi è più che mai necessario), dovrà imprimere alla sua linea una svolta chiara, forte e determinata. Altrimenti, tra la fame dei lavoratori, si continuerà a giocare a guardie e ladri, o per dirla alla fuscaldese : “ a liberi” acchiappatori e acchiappati. Ma attenti all’altro gioco fuscaldese “esce padre Gelormo ! ” con conseguente “scribbia !”

Come se ne esce? L’unica via che mi sembra possibile è quella che vede il PD tessere la tela delle alleanze, senza però ( a malincuore) guardare a sinistra , come insegna l’uscita dal PD di Rutelli ( ma quello, conosciuto personalmente in piazza Duomo tanti anni fa a Milano- contestava Pannella- entra ed esce, fonda e scioglie). L’intuizione non è errata, almeno così mi sembra. Facciamo un po’ di conti : Di Pietro col suo 8% (ultime europee), se lo uniamo ai comunisti ed ai voti di Vendola ( rispettivamente 3.38% e 3.12%), al massimo può arrivare al 14,5% - 15%, cifra considerevole e che fa gola al PD , ma insufficiente per imprimere una svolta , quindi la soluzione va trovata altrove. Non dimentichiamo poi che quelli che votano IDV e comunista, non votano solo contro Berlusconi, ma anche contro il PD e soprattutto verso la politica leaderistica a volte fiacca, molle , di facciata e inciuciata. Ne è una dimostrazione il numero altissimo di preferenze prese dal secondo ex magistrato IDV che aveva inquisito Mastella ma anche Prodi.

Non rimane quindi che guardare al centro. Qui si possono raccogliere voti ed idee non dimenticando quanto conta la Chiesa. Il laico Mussolini se ne accorse e sfruttò.  La Chiesa, che piaccia o no, anche perché nella Chiesa , nonostante gravi errori ( pedofilia , aborto ecc.), ci sono diverse e migliori (certo! Migliori, vuoi mettere la Mussolini con Ruini?) intelligenze della penisola. In Italia infatti, secondo me, solo tre cose funzionano perfettamente e con continuità : la Chiesa, L’Arma dei Carabinieri e la Fiat. Si può allora fare a meno della eccellente organizzazione della Chiesa? Alle sue infinite ramificazioni ? Alla Chiesa sempre nel centro del dibattito politico? L’aveva capito anche il Peppone di Guareschi ! Direte voi : ma ci sono posizioni inconciliabili, come si fa ? Col buon senso dicevano gli antichi, una soluzione si trova sempre.

Bisogna allora cogliere il momento buono che grazie al gesto malsano di Tartaglia, ci si presenta. Casini non tornerà con Berlusconi condizionato dalla Lega di Bossi , inoltre crea enorme disagio a gran parte dell’Italia, il ritorno alle alleanze d’area Bertinotti o Pecoraro Scanio ( dove son finiti?) Non si vuole però neanche quella che oggi è considerata la vera opposizione (IDV) e quella dei magistrati onnipotenti ( n.b. non parlo della magistratura in generale, e poi diciamocelo chiaro e tondo, Di Pietro se non gli conveniva,  la toga l’avrebbe ancora addosso e farebbe il magistrato, come Berlusconi anche lui non era un politico!)

Serve quindi un’intesa storica tra moderati e progressisti non rappresentata ( per quanto possibile) dalle solite facce note e accattivanti, ma da quelle scelte dal popolo direttamente e non decise a tavolino ( anche se nell'organigramma che segue, può sembrare l’esatto contrario, ma quello è solo un esempio numerico e d’aggregazione , messo li anche per facilitare commenti e confronti sulla mia fantapolitica).

Gli eletti ( n.b. parlamento dimezzato) dovrebbero possedere prestigio e competenza, recuperati anche in quell’area di centro e berlusconiana o leghista,  non ignorando anche i molti imprenditori seri e competenti che  oggi votano PdL perché non emerge un’alternativa affidabile.

I giornali dovrebbero fare autocritica e sostenere la nuova via impegnandosi in questa costruzione nuova levandosi ( dove ci sono , e non mi riferisco unicamente a Repubblica che pure compro) i panni “cospiratori” - n.b. virgolette- e " fautori di complotti ". Ma si sa, la politica è una cosa sporca! Sono letti i giornali, ed oggi di più . Non è forse vero che seguiamo trasmissioni televisive anche per vedere la “scerratina” da commentare con gli amici? E' quasi sempre una specie di voyeurismo (non strettamente sessuale) collettivo, da Grande Fratello. Non è forse vero che leggiamo i guestbook anche per dar contro al “berlusconiano” o dar contro alla sinistra, come è capitato al sottoscritto ricevendo offese perché  comunista  ( è successo su un blog paesano)? E’ così, sui giornali trovi il gossip, sui blog le “scerre”. I giornali di sinistra una volta venivano comprati e letti con altro spirito da gente che credeva nella politica e nella responsabilità della guida del partito. Io posso investire se mi arrivano quotidianamente informazioni che mi servono per costruire la mia vita , così come al più modesto dei lettori per costruire la sua di vita. C’è però il problema della pubblicità, senza essa il giornale muore. Però con la pubblicità il giornale non viene letto, viene solo sfogliato e non si costruisce un cabit di niente!

Chiosa : proviamo insieme a fantapoliticare col toto-governo dell'Italia futura con l’ipotesi che segue, frutto di mie “elucubrazioni ”. Buona mossa! Come a scacchi!

                                                   PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

 

                                                                  CASINI

 

         Vicepresidente                                                                 Vicepresidente

 

            BERSANI                                                                               FINI

 

 

                                                               MINISTRI

 

-         Rapporti con le Regioni :  Ivana Bartoletti

-         Attuazione del programma di governo :  Rosy Bindi

-         Pubblica amministrazione e Innovazione :  Gianni Punzo

-         Pari opportunità : Barbara Pollastrini

-         Politiche europee : Emma Bonino

-         Rapporti con il parlamento : Maria Pia Garavaglia

-         Gioventù : Federica Pellegrini

-         Ambiente : Maria Teresa Fagà

-         Turismo : Giulia Innocenzi

-         Affari Esteri : Massimo D’Alema

-         Interno : Anna Finocchiaro

-         Giustizia : Debora Serracchiani

-         Difesa : Andrea Romano

-         Economia e Finanze : Nicola Persico

-         Sviluppo economico : Sergio Marchionne

-         Infrastrutture e trasporti : Luca Cordero di Montezemolo

-         Istruzione Università e Ricerca : Andrea Camilleri

-         Politiche Agricole, Alimentari e Forestali : Sandro Buzzi

-         Lavoro e Politiche sociali : Nicoletta Barbato

-         Salute : Vittoria Franco

-         Beni e Attività Culturali : Vittorio Sgarbi

-         Tutela del Territorio : Antonio Mazzi ?

 

 

 

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Qualcosa ritorna

14 Dicembre 2009 , Scritto da CARANAS Con tag #POLITICA

       Se va avanti così, non potrà nascere nulla di buono
                                                                                 di Caranas               

  ieri

Autonomi.jpg

oggi
scontri

“Condivido quasi tutto quello che ha scritto, nel contempo mi chiedo comunque con chi il PD potrà tornare numericamente al governo se si scarica anche l'IDV (che per tanti è l'unico partito che attualmente fa vera opposizione)avendo perso per strada altri consistenti partiti di sinistra. Sul http://foranastasis.over-blog.it, come altri blogger,  quasi ogni giorno affronto le tematiche politiche attuali, mi sono però un po' stufato, sono stanco dell’antiberlusconismo  fatto usando il gossip o ripescaggi poco chiari e anche perché vedo e sento comunque che Berlusconi va bene per una grande percentuale degli italiani. Anche se fa “ cazzate “, oggi lo rivoterebbero in tanti, anche giovani. Dove sbaglia il PD? Lei parla di opposizione in parlamento ma quale opposizione dal momento che questo governo ricorre alla fiducia continuamente ( e deve farlo perché i contrasti interni- altro che normale dialettica- ci sono), non dimentichiamo però che anche Prodi ricorreva spesso alla fiducia! “

 

Su  altro blog , con altro commento , facevo notare che se si va avanti così è facile poi arrivare allo scontro fisico in piazza (se non alla guerra civile). Ė per questo motivo che il 2 dicembre scorso ho pubblicato qui “ Il berlusconismo e l’antiberlusconismo stancano” . Ho preferito quindi dedicare più tempo alla satira politica e non, argomento certamente più leggero,  ed altro alle ricette culinarie calabresi. Ieri poi , rimettendo a posto mie poesie , ne ho trovato una non vecchia che riporto qui sotto perché focalizza bene quel che ieri è successo in centro a Milano e su cui tutti dovremmo riflettere seriamente. A partire dai segretari di partito che ieri erano pronti a fare alleanze anche con Di Pietro e oggi fanno finta ipocritamente di scordarsene.

Ed ecco, ci sono ricascato! Anche questo è veleno!   

 

 

1968 - Qualcosa ritorna

 

Quasi cancellato,

ogni tanto riaffiora

ed a guardarlo in viso

     non sempre approdo al nostalgico benevolo umore,

spesso è solo disperazione.

 

Se m’incontra disarmato,

gli urlo  fuggi!

Ma il ’68  , vuoto  non del tutto,

con quelle sue munizioni arrugginite

può  ancora far male!

 

Quanto tempo perso!

Quante ore in orizzontale amplesso

e senza studi …

Ma nonostante il nero,

il bianco anelito di vita

ripercorre la via

dov’era stata lasciata

mirando il nulla.

 

Un altro muro va giù!

Però , amare non era poi

così male.

 

Non si tocca l’alba

senza percorsi nella notte.

 

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TRA INTOLLERANZA E FONDAMENTALISMO ARRIVA IL NATALE

12 Dicembre 2009 , Scritto da CARANAS Con tag #RELIGIONE

 

                  Siamo tutti figli della stessa terra         
                                                                                                         
  di Caranas

 

Il Natale si avvicina , forse ce ne accorgiamo solo navigando in internet. Di solito per questa festa cambia la home page, tanto è che non usciamo o lo facciamo poco, per cui neanche te ne accorgi se sei in pensione e passi molte ore davanti al computer. Molte  relazioni te le cerchi e coltivi virtualmente attraverso il portatile,  freddo strumento che ti trasforma la realtà , qualcosa di involuto e ablativo che scorre nel tuo tempo . Ma arriva il Natale e ci sentiamo più piccoli, quasi lillipuziani tra un pamphlet e  una bischerata berlusconiana sul proprio blog carico di esotismo,  ma comunque più piccoli,  per cui ci ritagliamo nelle nostre giornate fette  di presepe 1
riflessione mistica insieme a quelle di panettone. O no? Nel silenzio delle ore notturne, con unico interlocutore il pc, non quello politico, diventiamo (divento) cercatore di Dio, sogniamo un’umanità futura che non abbia bisogno di cercare fuori di sé le ragioni per una sua convivenza solidale e fraterna. I grandi della terra ( il nostro , grande proprio non lo è e lo dico in barba alle classifiche) hanno compiti enormi ad attenderli se sapranno superare le loro divisioni, tra le quali io metto per prima quella che chiamo razzismo ideologico. Ciascuno dei tre monoteismi infatti, è stato ostile e a volte persecutore nei confronti dell’altro monoteismo, anch’esso discendente di Abramo. Ogni Dio, per quanto amorevole e universale, è stato finora l’emblema di questa divisione fra gli uomini. Tra intolleranza e fondamentalismo, mi chiedo se è meglio dire :   “ siamo tutti figli dello stesso Dio” o “ siamo tutti figli della stessa terra ?” Sembra che il rimandare a Dio impoverisca l’uomo, il peccato contro lo spirito dell’uomo. Mah! Voi cosa ne pensate? Non citatemi Plinio però : “ Dio è che l’uomo aiuti l’uomo” perché se no la discussione diventa più complessa con l’altra citazione : “ Ė Dio che ha creato l’uomo , o l’uomo che ha creato Dio?” Ecco , sono già quasi  off topic .

Comunque,  mi aggrappo al riscoprimento dell’autentica universalità come aspetto essenziale e,  con rispetto delle vostre posizioni, vi dico che, non so voi, io ci riesco meglio guardando alla vita di Gesù.

Dimenticavo, ricordiamoci che il Natale non è la festa del consumismo e che per tanti non sarà un Natale di sorrisi appesi all’albero.

 

 



                                         

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Il presepe di Caranas passione e tecnica

8 Dicembre 2009 , Scritto da CARANAS Con tag #RELIGIONE

 

                             
                                                                                                     di Caranas 
                                                                                    

Il presepe è una delle grandi tradizioni italiane (non solo) che scandiscono gli appuntamenti di Natale. Costruendo il presepe si ritorna all’atmosfera che ci circondava da piccoli per la gioia dei bambini ( ricordate le mille stelle a 10 lire? )Avevo nove anni quando costruii il primo presepe e dentro quel mondo fatto di materiali poveri (tutto fatto in casa , anche i pascjhareddri) vedevo un universo in cui la fantasia poteva  sbizzarrirsi . Non ho più smesso da allora   ( tranne che per gli anni universitari ) migliorando la tecnica con l’uso sempre più evoluto dei materiali fino a rendere il paesaggio quasi vivo.

Oggi, presi dai nostri problemi metropolitani, non abbiamo tempo da dedicare al presepe e poi : si sporca la sala, ci vuole tempo, bisogna uscire per comprare l’occorrente, non ci sono soldi perché c’è la crisi…

Ma cosa? Vuoi mettere la felicità provata e la soddisfazione di avvicinarti a Dio, quel Dio fattosi  bambino, un neonato che non fa paura… il Verbo che si è fatto carezza. Chissà che avrà provato quella volta San Francesco d’Assisi !

 

Tecniche costruttive o meglio … procedimento :

 

procurati dei pezzi di polistirolo, altri di legno, della stoffa di sacco, un po’ di scagliola (gesso), carta da pacchi, segatura, muschio (lo trovi anche sugli alberi ad indicare il nord), dei sassolini e carta stagnola .

Su una base di legno ( va bene anche il ripiano di un vecchio banco di scuola), prepara lo scheletro scenografico partendo dalla grotta ; poi passa al paesaggio circostante con case, resti di tempio romano ( usa tappi di sughero incollati in verticale con attak)  , ruscello e laghetto ( con la carta stagnola fissata dai sassolini per l’argine).

Quando il presepe incomincia a prendere corpo, accartoccia più volte  la carta da pacchi e con essa ricopri le forme già preparate con il polistirolo ed altri materiali (grotta , monti , ecc.) e con la stoffa di sacco altre forme da ricoprire poi con spennellate di gesso quasi liquido. Non dimenticare il cielo ( con carta stellata rigorosamente blu) . Puoi ora sistemare le luci ( prendi quelle con il marchio CE) e il contenitore della paglia per la stalla ( usa pezzi di tralci di vite o legnetti incollati a X con attak). Infine colora come meglio credi usando i colori a tempera un po’ liquidi in modo da poter spruzzare il miscuglio sulla carta da pacchi.

Usa la segatura per i viottoli , spiazzi ecc. e sistema i pastori ( se non li hai preparati prima col Das o plastilina o pasta di sale, acquistali pensando alle giuste misure per il tuo lavoro).

Manca la stella cometa e qualche angioletto da sistemare sopra la grotta.

Fai nevicare con della farina bianca. Il presepe è pronto! La notte del 25 metterai il bambino  Gesù.

Non dimenticare : ai bambini , al mattino piace spostare i pastori (effetto dinamico!)

                                                  

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DOLCI DI NATALE CALABRESI

6 Dicembre 2009 , Scritto da CARANAS Con tag #FUSCALDO

Quando il panettone e il pandoro non c’erano, in Calabria l’atmosfera natalizia era creata e sostenuta dalla preparazione dei dolci di Natale .

Oggi, per l’eccessivo consumismo, è scomparso del tutto o quasi, anche questo aspetto : il prodotto moderno e confezionato che arriva nelle nostre case prima dell’acquisto con un bombardamento di spot pubblicitari attraverso la tv , non riesce a creare quella magica aria di festa.

C’è fame nel mondo e le nostre cassette della posta sono piene di richieste di soldi da un sacco di organizzazioni. Chi accontentare? Sono troppi ! E molte di queste associazioni usano anche carta pregiata,  inviano adesivi col tuo nome già stampato, segnalibri, segnaposto ecc.

Per la gioia dei nostri bimbi, ritorniamo al passato (vi ricordate la letterina sotto il piatto del papà?) con la preparazione di qualche dolce per vivere, piccoli e grandi, le stesse emozioni di allora. Vi garantisco che non è poco per aver già sperimentato . E prepariamo anche il presepe rigorosamente fatto in casa, quindi non compratelo (a parte le lucine , che ricordo devono essere di sicurezza).

Le ricette più classiche e tipiche del Natale in Calabria :

alla vigilia non possono mancare gli spaghetti “da vigilia” conditi con mollica di pane fresco spezzettata ( meno di 1 cm) fatta friggere in olio di oliva assieme   a pezzetti  di   alici salate ,   non   possono   mancare  le fritture  e le “ grispeddre” , lo stoccafisso in umido oppure la salsiccia calabrese con cime di rape e i lambascioni, cavolfiori e “pipi arrigliati “(peperoni rossi lunghi e secchi  fritti in olio caldo in modo da renderli croccanti). Il venticinque , a pranzo , la tradizione vuole 13 pietanze basate su alimenti poveri ed essenziali : pasta al forno con polpettine di carne, salame calabrese al peperoncino, fritture di pesce, crostacei, carne di maiale in gelatina e foglie di lauro,ecc. ecc. NB "fisuragli" , alias ciccioli di maiale e 'nduja con gli antipasti.

La sera , gli avanzi della vigilia e del pranzo perché come si dice nella zona sono “benvenuti in casa”. Il tutto annaffiato con il miglior Cirò perché gli anni e i bicchieri di vino, non si contano mai. Attenzione alla glicemia e al colesterolo e trigliceridi. E così , anch’io stavolta , ci sono cascato tuffandomi nella mia bella fetta di consumismo. Allegria !

 

A voi la prima ricetta :

 

                                  "TURDIDDRI" (dolce di Natale)

 

            Ingredienti:

 

4 bicchieri di vermouth --  2 bicchieri d'olio - Farina quanto  

basta  "milazzo" (miele di fichi  detto anche vin cotto) q.b. –

confettini  colorati di zucchero

 

          Procedimento:

 

Portare ad ebollizione il vermouth  e l’olio. Subito dopo bisogna lasciare raffreddare a temperatura ambiente. Quando è freddo incorporare la farina fin quando il composto assume corposità. Preparare poi con la pasta delle forme cilindriche  ( 6-7 cm di lunghezza e max 2 di diametro) da far rotolare poi sul “crivo” ( va bene anche l’attrezzo usato per gli gnocchi in modo che la pasta ne esca rigata).

Friggere in abbondante olio di  semi  preferibilmente in una pentola alta. A frittura ultimata sgocciolare l'olio con la schiumarola e  guarnire  con "milazzo" o miele ed a piacere con confettini di zucchero colorati .     



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FUSCALDO E CAMILLERI di Caranas

4 Dicembre 2009 , Scritto da CARANAS Con tag #CAFFE' LETTERARIO


Premessa

 

A Fuscaldo , il 12 agosto 1994,  venne Vincenzo Consolo a parlare del suo “La ferita dell’aprile”. In realtà si parlò poco del suo libro perché la discussione dilagò sui temi della ‘ndrangheta  , dell’emigrazione , delle illusioni industriali e del futuro della Calabria. A Consolo in quell’occasione chiesi cosa ne pensava del modo di scrivere di Camilleri  o meglio di quella particolare forma dialettale piena di grazia e umorismo che caratterizzava  le sue pubblicazioni (avevo appena letto “La stagione della caccia”) e lui, sorridendo mi rispose : <<noi siciliani siamo tragediatori paghi solo quando riusciamo a fondere insieme la vita e la scena e ciò ci viene meglio usando la terminologia della gente comune. Vedrà che anche nel libro che ha appena comprato , troverà espressioni tipiche : “na vampa – catoi – ‘mbriaco” li usate anche a Fuscaldo no?>>. E se ne andò.

D’allora  le iniziative culturali del Circolo,  non sono state più frequenti. Peccato!

Questo ricordo mi ha suggerito oggi di riscrivere  un pezzo di Andrea Camilleri (Il primo voto – Gocce di Sicilia) alterandolo (in corsivo) solo nelle espressioni fortemente dialettali utilizzando quelle del vernacolo fuscaldese.  Il Maestro non me ne vorrà.

   

                                          Il primo voto

 

Le prime elezioni regionali siciliane del 1947 partirono di colpo ‘ncazzuse , lo si capì subito cunn’era cosa perché non c’era comizio che non finisse , ‘ndru megliu casu , a  scerra generale . Nel peggiu casu, invece ci scappava qualche scuppettata  e qualcuno finiva a ru spitali. Rapidamente lo scontro politico arse e non solo metaforicamente , albiri di mandorlo e d’alivi vennero vrusciati , cìciri e fave furono abbrustoliti in loco, vale a dire dentro ai magazzini dov’erano ammassati. A sinistra ci stavano comunisti e socialisti uniti che avevano pigliato per emblema la testa di Garibaldi, a destra i monarchici e gli agrari, in mezzo i democratici cristiani con lo scudo crociato. Averci messo a simbolo la testa di Garibaldi parse al “Fronte del popolo”una gran bella pinzata. I picciotti di sinistra , con le sacchette piene di manifestini, si gettarono campagne campagne alla cerca di voti.

<< Votate e fate votare Garibaldi !>>

<< Picchì, Garibardi sipprisenta? Unnè mortu?>> si chidiva ‘marpagiatu qualche contadino posando la vanga.

     A un giovane intellettuale non andò tanto bene quando venne a trovarsi davanti a un vecchio di na ottantina d’anni, assittato su una seggia di paglia, a ru latu da porta di na caseddra poco più grande di un dado.

<< io con questo Canebardo non ci voglio aviri nenti a cchi ffari.>>

<< E picchi?>>

<< Picchi era nu sdilinquente.>>

<< Ma non è vero!>>

<< Nunsignori, è vangelu! Tant’è veru che quandu è binutu cca, ammisu in libertà  tutti i sdilinquenti che eranu carcirati!>>

<<Sentite , questa storia dei carcerati…>>

<<Làssati prigari guagliunè! Chi ni vo sapiri tu ca si tantu picculu ca teni ancora a merda a ru culu! A mia, mammima mu cuntò! A uno, questi sdilinquenti ci tagliarono la testa e ci jucarunu a palla!>>

Il giovane intellettuale sorrise. Quella storia l’aveva letta para para in un atto unico di Pirandello, L’altro figlio.

<< Guarda cca Zi.Questa cosa se l’inventò uno scrittore di queste parti che si chiamava Pirandello…>>

<<Sa invintata?>> scattò arraggiatu il vecchio gazandusi. << Che viene a dire se l’inventò? Io , gliela cuntai la storia a Lovicino Pirinnello! E lui la scrisse! Quello che ci tagliarono la testa  il frati di nonno era!>>

Il giovane intellettuale  scappò, schivando miracolosamente una pietrata che gli avrebbe scassato la schiena.

In paisi le cose non stavano meglio. A scanso di complicazioni, il maresciallo dei carabbineri Allotta, ch’era omo di mezza parola, aveva parlato chiaro :<< da ora in avanti, comunisti e socialisti, se hanno gulìo di farsi una birra, vanno solo ed esclusivamente al caffè Empedocle; i democristiani al caffè Castiglione; i monarchici e i separatisti al caffè Pùrpura. Chi sconfina, l’arresto con una scusa qualisiasi.>>

E fu proprio al caffè Empedocle che s’ appicciò a miccia capaci di fa zumbà all’aria u paisi sanu sanu.

< Che dicevano i tedeschi? Dicevano : Gott mit uns. E dicevano una minchiata grossa quanto una casa. Dio non era con loro, tant’è vero che finirono come finirono. Invece Signuri santu , tramite il figlio so’, è sicuramente dalla parte nostra> fece na sira Pepè Contrera.

I suoi cumpagnuzzi u guardavano na picca strambati.

< Siamo sicuri?>  Disse Gegè Affitto che era sempre dubitoso d’ugni cosa.

<È Gesù Cristo stesso che lo dice chiaro e lampante> rispose Contrera ordinando a ru camereri  il quinto fernet.

L’intellettuale, quello che era stato pigliato a pietrate , si fece obbligo d’intervento.

<Nei Vangeli, per quanto… >

< Me ne fotto dei Vangeli> tagliò corto Contrera.

Calò silenzio. Poi Marco Clemenza sappigliatu i curaggiu .

« Ti vo spigà megliu?»

«Certu.Mo vegnu e mi spiegu» Disse calmo Contrera scolandosi il fernet che gli era stato appena portato.

Si guardò ‘ndornu ‘ndornu e ppo parlò:

«Quanti jurni mancanu ara duminica di Pasqua?»

«Quattru» Rispose prontamente Pippo Liotta che era comunista, ma che non si pirdiva na Missa.

« Allora raggiunamuci na picca.Dumani, u venneri, il Signuruzzo mora.Giustu?»

«Giustu» fecero gli altri a coro.

« E che succede ndra chiesa quando il Signuruzzo more? Succede che parano a lutto cchi  linzuli viola e liganu i campani.Giustu?

«Giustu.»

«Domenica invece il Signuruzzo risuscita e si canta la Missa. Ma come risuscita? Cadanu i linzuli a luttu e si vida a statua du Signuruzzu ca sind’acchiana ncielu mentri i campani sonanu a gloria (tinchité – da noi a Fuscaldo : cumi i sonachiddru grandi artista musicale cioè : Saveriu i cucinara) . Giusto?»

« E cchi tena mmanu u Signuruzzo mentri sind’acchiana ‘n cielu? Na bandera rossa tena!»

«Minchia ! Ė veruvariò il coro.

Era indiscutibilmente vero. «Veramente, bandiera , bandiera non è » azzardò il giovane intellettuale.

«Ė piuttosto un làbaro.»

« Sempi russu è» tagliò Contrera.

E poi, sorridendo diabolicamente : « e u sapiti chi facimu nua?- mi raccomando, unn’adda mancà nissunu ara Missa da duminica- appena u Signuruzzo risuscita ncumingiamu a cantà Bandiera rossa ca puri u Papa a Roma sadda ttippà i wricchi !»

Scoppiò un applauso.

Ma tra quelli che battevano le mani al caffè Empedocle c’era un Gano di Maganza, un traditore che di nome faceva Massimo Pullara. Questo Giuda ogni tre giorni andava nel gabinetto medico del dottore Liborio Boncristiano, che tale era non solo di cognome ma macari di fatto, dicendo che doveva farsi curare un distrubbo della wricchia mancina . Era una scusa, il vero era che Massimo andava a riferire al dottore quello che dicevano i so’ compagni. E ogni volta Liborio Boncristiano non gli faceva ammancare centu liri.

E fu così che i democristiani vennero a conoscenza della storia che i rossi avevano strumentata.

Alle sette e mezza spaccate di ogni matina che Dio mandava, al cafè Empedocle s’apprisintava Cocò smecca, camereri del barone Stefano Arrigò di Titò, per accattari una granita di cafè e tri tiraddri cu patruni si vuliva truvà davanti appena sumatu.Senza pinzà di fa malizia , u bancunista , mentre preparava l’ordinazione, cundò a Cocò Smecca quello che aveva sentito dire u jurnu prima a Pepè Contrera.

«Chi si dicia aru paisi?» era la prima domanda che il barone faceva a ru camereri mentre si sbafava la granita.

Appena sentito il ragionamento di Contrera, Stefano Arrigo di Titò, capo dei monarchici-separatisti, si fece andare di traverso il tarallo, tanto che il camereri dovette dargli nu bellu scuffundunu ‘ndri spaddri.

« Vammi a chiamare a Giugiù» fece farfugliando.

Cocò Smecca si precipitò , se c’era d’abbisognu di Giugiù Zonta, il numero uno di fatturi del barone, ominu facili di curteddru ma di cchiù di rivorbaru, veniva a significare che la faccenda non era proprio nu scherzu.

Patri Aureliu Li Causi avia appena pigliatu sonnu, stancu mortu di funzioni du Venneri Santu, quando sentì discretamente tuppuliari ara porta. Malati gravi, chiddri da ‘Strema unzioni, ‘ndru paisi un ci ‘nderanu e durante la giornata non c’era stata né n’azzuffatina né na sparatina,  una specie di tacita tregua per non turbare il giorno che era .

E cchini  minchia po essi?» s’addummandò patri Aurelio che era nu sant’omo  ma che ogni tanto a parolazza cci scappava.

« Mi scusi se la disturbo a quest’ora, ma si tratta di un fatto grave» fece sulla porta il dottor Boncristiano. Da sempre u previti e il medico si facevano ‘ndipatia. E in più Boncristiano aveva pubblicamente rinfacciato a patri Aurelio di non volere pigliari partito dal pùrpito contro i rossi.

« Se c’è cosa grave , s’accomodi » disse il prete friscu cumi nu quartu i gaddru mettendosi da parte per farlo passare.

Il dottore gli cuntò la faccenda.

«Embé?» disse il prete.

« Come, embé?» scattò il medico. « Non lo capisce, o forse non lo vuol capire, che se i paisani vedono a Cristo con la bandiera rossa si mettono in fila a ra cabbina elettorali per votare il Fronte ? E noi ce l’andiamo a piglià ‘ndru culu! Si rende conto, o no?»

«Io non so dove lorsignori se lo vanno a pigliari. Il fatto è che  i paisani hanno visto a Cristo che sale in cielo con il labaro rosso.»

« Ma stavolta è diverso !»

«E picchì??»

«Perché quelli, attaccando a cantare Bandiera rossa è come se dicessero vedete? Due e due fanno quattro. Gesù se ne va in cielo con la bandera nostra!»

«Ho capito , dottore. Lei vorrebbe che Gesù cangiasse bandiera per ragioni politiche.»

Boncristiano si sumò da seggia.Aveva la faccia janca che sembrava un morto. Senza manco salutare il prete, voltò le spalle e sinni niscì. Andò a casa, si fece la barba, si lavò, si vestì di scuro con la cravatta, si mise in macchina e partì per Montelusa.

Andava a trovare il vescovo Pietro Agostino Carnazza, ominu i postu certu mbaradisu.

E difatti, verso le nove  di sira du stessu jurno, in casa di padre Aurelio Li Causi

s’ apprisintò monsignor Guttadàuria, segretario particolare del vescovo, giovinottu trentino e tutto superlativo : curatissimo, elegantissimo, dottissimo, eloquentissimo, diplomaticissimo. Parlò senza fermarsi per un’ora e mezza, citando sant’Agostino, san Tommaso, sant’Alfonso de’ Liguori e, per ultimo, un certo Domenico Cavalca che padre Aurelio non aveva mai sentito nominare.

Con la testa che gli fumava, patri Aurelio addimmandò quando aveva capito che l’altro aveva finito di parlare : « Su conclusione, come mi devo regolare?»

«Secondo coscienza , è naturale. Ma se mi posso permettere, un consiglio ce l’avrei. Perché non sostituisce il labaro rosso con una bella bandiera bianca con lo scudo crociato in mezzo? Oddio , padre Aurelio, che ha? Si sente male? Non mi faccia spaventare, padre Aurelio!»

U povaru parrucu chiddra notti nun’arrisci a piglià sonnu, si vutava e si girava ‘ndrù lettu, avia a vucca arsa come per la terzana. S’appinicò na picca versu i tria e trovò di trovarsi davanti al Grande inquisitore in persona che ordinava che lo dovevano arrostire vivo sopra una graticola.Si risbigliò ‘ndra nu lagu di suduri,  sentì che la porta di casa veniva pigliata a cavuci, andò ad aprire.

«Voscenzabinidica» lo salutò Giugiù Zonta, alto, grosso, baffuto e con due canne in spalla.

U fatturi del barone Stefano Arrigo di Titò parlò per dieci minuti spaccati, citando la strage degli innocenti, il martirio di san Sebastiano, quello di Santa Lucia e quello di Tanino Fazio che santo non era ma al quale prima avevano tagliato i cabasisi ( in fuscaldese i “cugliuni”) e poi l’avevano impalato.

«In conclusione, come mi devo regolare?» addummandò macari  (anche, puri) a lui patri Li Causi che alle parole di Giugiù si era messo a sudare il doppio, tanto che tra le pantofole aveva formato canticchia di affuso (bagnato).

«Io chiaro parlai a vossia» fece Giugiù sumandusi da seggia « e di perciò sta dumanda nun m’aviata fari.Allora vengo e mi spiego meglio. Vossia leva la bandera rossa dalla mano di Cristo e ra cangia con la nostra bella bandera siciliana con la Trinacria in mezzo. Appressu me ne portai una , nel caso vossia non l’avesse avuta suttamanu.

La tirò fora da sacchetta della cacciatora, bella piegata a otto, la posò sul tavolino, salutò divoramenti , ghiscì.

Il maresciallo Allotta quello che avevano in mente di fare i rossi lo seppe praticamente nel momento stissu che Pepè Contrera aveva finito di dirlo, tri jurni prima.  Perciò aveva addumandatu rinforzi a Montelusa , Fela, Fiacca. Ari undici da matina  occupò militarmente la chiesa, disponendo i carbineri a forma di ypslon : nella parte alta , quella a “vu” , sarebbero stati allocati i democristiani con un cordone di militari alle spalle , a mano mancina i rossi e a ra destra i separatisti e i monarchici divisi da na filata di carbineri che arrivava fino al portone . Il maresciallo stesso si mise sul sagrato e, aiutato da quattru di so’ , smistò i fedeli secondo le loro idee politiche. Che del resto conosceva benissimo.

Scasarunu tutti . Dalla sua casa di contrada Infischerna  arrivò don Casimiro Impiduglia che, non potendo mantenersi a ri ‘mbedi per via delle gambe molli, venne portato a siggiteddra da due nipoti che si spezzarono a momenti i polsi , dato che lo zio pesava centottantachili netti . Dalla montagna del Crasto calò Michele Lodìco che a forza di lavurà a terra si era ‘ndurciniatu come un olivo saraceno e aveva il busto spostato di cinquanta centimetri rispetto alla linea dei piedi. S’arrambicò Nenè Navarria , latitante da cinque anni, che per l’occasione il maresciallo fece finta du nnu canusci . Venne Peppuccio Agrò che non aveva mai più messo piede in chiesa da quando l’avevano vattiatu perché l’acqua del battesimo gli aveva fatto venire la polmonite doppia , lasciandolo di salute cagionevole. A farla brevi , a menzijurno menu nu quartu nella chiesa non arriscì a trasi cchù nissunu, non ce la fece mancu a gatta dipatri Aurelio che era di casa in sagrestia.

U previti s’apprisintò ccu dua chierichetti. Era arrivata l’ora. Tutti i  presenti lo guardarono in faccia : era sirenu , anzi aveva un sorriso liggeru nelle labbra e negli occhi . Sicuramente aveva risolto il busillibus. Ma come?

I dodici colpi du rilloggiu da chiazza rintronarono come cannonate nel silenzio della chiesa. Ai dodici rintocchi le campane pigliarono a sonare a festa, facendo morire di paura i palumbi supa i ciaramili. Poi , a una parola du previti, un chierichetto s’avvicinò all’altare maggiore, tirò una cordicella, fece cadiri u linzulu viola.

E la statua di Gesù che acchianava ncielo si mostrò. Non aveva la bandera russa. E mancu chiddra da Trinacria. E nemmeno chiddra janca.Poi, dopo un attimo di stupore, dalla latata mancina, quella dove ci stavano socialisti e comunisti, alto, solenne, si levò il coro dell’Internazionale , mentre democristiani , monarchici e separatisti lasciavano ‘ncazzati nivuri la chiesa.

«Ma dove ho sbagliato?» si chiese u previti. E sumò l’occhi a gurdà a statua.

Raggelò , capendo l’errore.

Senza l’asta in mano, il gesto di Cristo cangiava significato : il Signoruzzo se ne acchianava infatti  in cielo col braccio destro levato in alto e a pugno chiuso , nel tipico saluto comunista.

E fu accussì che il “Fronte del popolo” stravinse le elezioni.

 

NOTA : Questo racconto non è cosa di fantasia. Capitò veramente al paese di Camilleri. Il giovane intellettuale naturalmente era Camilleri.  Molti vocaboli tradotti in fuscaldese, sicuramente non sono scritti nella forma più adatta. Non sono un grande esperto e trovo difficoltà perche alcune parole fuscaldesi non sono traducibili in vernacolo paesano . Provate infatti a scrivere “soffia” in fuscaldese , o

“lagghia “ che è un soprannome qui non scritto bene perché intraducibile.

 

Dedicato alle mie tre amiche del “Caffè letterario “ di Fuscaldo ( Ma. Ant. Stell.)

 

                                                                         CARMELO ANASTASIO

 

                                                                             

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