caffe' letterario
Poichè colui che vive presso le sue origini è riluttante a lasciarle.
"Mio caro Hans,
questa è una lettera difficile. Prima di tutto voglio dirti quanto mi dispiaccia che tu stia per partire per l'America. Non deve essere facile per te, che ami tanto la Germania, ricominciare una nuova vita in un paese con cui nè io è te abbiamo niente in comune e mi immagino l'amarezza e l'infelicità che devi provare. Tuttavia, questa è la soluzione più saggia, date le circostanze. La Germania di domani sarà diversa da quella che abbiamo conosciuto. Sarà una nazione nuova, guidata da un uomo che deciderà del nostro fato e di quello di tutto il mondo per i prossimi cento anni. So che resterai sconvolto nell'apprendere che io crdo in quest'uomo. Lui solo è in grado di salvare il nostro amato paese dal comunismo, e grazie a lui la Germania potrà ritrovare l'ascendente morale che ha perduto per colpa della sua follia. So bene che non sei d'accordo, ma non vedo altra speranza per noi. La nostra scelta è tra Stalin e Hitler e, tra i due, preferisco Hitler. La sua personalità, la sincerità del suo intento, mi ha colpito come non avrei mai creduto possibile. L'ho incontrato di recente a Monaco, dove mi ero recato con mia madre. Esteriormente è un ometto insignificante, ma appena lo si ascolta parlare si viene travolti dalla forza della sua convinzione, dalla sua volontà di ferro, dalla sua intensità e dalla perspicacia quasi profetica di cui è dotato. Quando lo lasciammo, mia madre era in lacrime e continuava a ripetere:"E' Dio che c'è l'ha mandato. "Non so dirti quanto mi addolori il fatto che- almeno temporaneamente-diciamo un anno o due- non ci sarà posto per te in questa nuova Germania. Ma non vedo ragione perchè tu non possa tornare in futuro. La Germania ha bisogno di uomini come te e io sono convinto che il Fuhrer non solo è perfettamente in grado, ma è anche desideroso di operare una scelta tra gli ebrei di valore e gli indesiderabili.
Poichè colui che vive presso le sue origini è riluttante a lasciarle.
Mi rallegro che i tuoi genitori abbiano deciso di restare. Nessuno li molesterà, naturalmente, ed essi potranno vivere e morire qui, in pace ed in serenità.Forse un giorno i nostri cammini si incroceranno di nuovo. Mi ricorderò sempre di te, mio caro Hans! hai avuto una grande influenza su di me. Mi hai insegnato a pensare e a dubitare e, attraverso il dubbio, a ritrovare Gesù Cristo, nostro signore e salvatore.
Il tuo affezionato ,
Konradin v.H."
L’amico ritrovato (titolo originale inglese: Reunion[1]) è un romanzo dello
scrittore tedesco Fred Uhlman
Fosse 'a Madonna !
di Caranas
Ho appena finito di leggerlo. Quattordici euro ( con lo sconto ) spesi bene. E' sempre piacevole leggere De Crescenzo , sarà perchè è un ingegnere, sarà perchè paga il Caffe sospeso, ma secondo me il vero motivo è perchè è napoletano . Cosa sarebbe l'Italia senza l'estro dei napoletani ?
" Un populu
diventa poviru e servu
quannu ci arrobbanu a lingua
aduttata di patri : è persu 'ppi sempi"
°°°°°°°°°°°°°°°
" Fosse 'a Madonna ", " Lassa fa 'a Madonna" , " A Madonna v'accunpagna "... per me essere ingegnere è una condanna, un ingegnere è condannato dalla sua formazione ad appartenere agli scettici, è sempre tentato di mettere in dubbio ciò che non è scientificamente dimostrato. Un individuo , una volta che sceglie di diventare ingegnere , nega un po' a se stesso l'opportunità di credere in qualche miracolo, almeno ogni tanto.
Avete capito adesso perchè Luciano non si sente né credente, né non credente ? Lui è solo uno sperante .
In realtà (secondo il mio modesto parere), ad una certa età s'incomincia a vedere la fine del viaggio e, come capita a tutti gli umani ci si raccomanda alla Madonna ( lo testimonia anche il suo penultimo libro : "Tutti i santi me compreso" ). Per paura dell'ignoto, per fede, non lo so.
Ma Luciano De Crescenzo è già immortale. Infatti : ha piantato un albero, ha una figlia ed ha scritto un libro. Buona lettura, Caranas.
“A Napoli, chissà perché, la Madonna è più amata di Gesù e forse anche dello stesso san Gennaro. Dalle mie parti dire: ‘Fosse ’a Madonna!’ è come esclamare: ‘Lo volesse il cielo!’, significa rivolgersi al personaggio più importante del paradiso e non c’è napoletano che non abbia pronunciato questa frase almeno un centinaio di volte nel corso della vita. Sono convinto che Lei, la Madonna, dall’alto dei cieli, la capisca benissimo e che si dia sempre un gran da fare ogni volta che qualcuno di noi la invoca. ‘Fosse ’a Madonna!’ è infatti nel medesimo tempo una dichiarazione di fede e una richiesta di aiuto.” A Napoli, e forse anche nel resto d’Italia, la Madonna è qualcosa di più di una figura religiosa: entra nel linguaggio e nella cultura di tutti i giorni, viene invocata per ogni situazione sacra o profana (’A Madonna v’accumpagna, Lassa fa’ a’ Madonna), le si rivolgono speranza e gratitudine. Dopo il successo di Tutti santi me compreso, Luciano De Crescenzo racconta alla sua maniera la madre di Gesù, fra ricostruzione storica e risvolti folcloristici. Le differenze fra la Maria dei Vangeli canonici e quella dei Vangeli apocrifi. I ricordi personali, dalla Madonna di Pompei a quella del Carmine. Le Madonne che appaiono (Fatima, Lourdes) e quelle che piangono. La Madonna nera e quella incinta, quella dei madonnari e quella della ’ndrangheta… Questo libro è un omaggio ironico e affettuoso da parte di un grande autore che si definisce “non credente ma sperante”, e che rivolge a Maria una sua preghiera: “Lassù, per piacere, non vi dimenticate ma i di Napo li e dei napoletani, non lo me ritano. E poi puoi avvertire mio padre, e soprattutto mia madre, che ho scritto questo libro dedicandolo a te? Non so spiegarti bene il motivo, ma so che ne saranno felici. Magari anche più felici di avermi avuto come figlio di quanto non lo siano già”.
FUSCALDO - IL DIALETTO TRA CANTI , LEGGENDE E TRAGEDIE
di Caranas
Fino a qualche anno fa, leggere qualcosa in dialetto fuscaldese mi faceva provare le stesse forti sensazioni che si provano quando si ritrova un qualcosa ormai perso da più tempo. Quei magici momenti sparirono poi quasi del tutto leggendo quotidianamente posts in dialetto fuscaldese che, senza accorgermene, trasformavano l’esperienza fantastica, in deciso fastidio prodotto da persone che avevo taggato come speciali.
L’estate scorsa, sulla montagna di Guardia Piemontese , parlando con un vecchio contadino il cui dialetto era a tratti romanzato con peculiarità sociolinguistiche ( un dialetto di sopravvivenza, un idioma di minoranza linguistica occitana ), mi venne in mente cosa aveva scritto da qualche parte il Tenca :
« Giova raccogliere le ricchezze del dialetto, perché si vanno rapidamente perdendo, o, per dir meglio, subiscono una rapida e sfavorevole trasformazione…» .
Com’era vero ! In realtà, allora non era l’espressione dialettale che mi infastidiva, ma quel continuo sforzo d’interpretazione di una cosa ormai cambiata nel tempo (oltre l’uso , a mio avviso spropositato , in quel contesto).
Dallo stesso contadino ebbi questo SUSPIRU FUSCALDESE che canta i suspiri di un padre (re) che ha tre figlie femmine, e come un re, sarebbe più contento se potesse scandagliare le sue figliole per sapere cosa pensano e dicono di lui :
Tri figli fimmini su’ tri suspiri,
Tri stiddri d’uogliu vruscenti, tri duluri,
Tri panari di guai , tri sfurtuni,
Tri surici ‘mpestati, tri fetùri,
Tri garrili all’uocchi, tri struppuni,
Tri màti d’acqua e tri cucurrara.
Chi attendu nun vo’ stari a ru pagliaru,
Tintu nasci e cchiù nivuru sindi mora:
Iu sugnu lu rignanti cchiù filici,
Si ‘i mie figliole puozzu sparpagnari.
Che dire ? Un canto che riporta al Re Lear ? Credo di si , visto che la tragedia di Shakespeare fa parte del patrimonio folcloristico delle più svariate culture.
Le risate di una domenica normale, tranquilla, senza rotture di cabasisi
domani è lunedì ma forse bigio, il tema mi è venuto una schifezza
la giustificazione è pronta
mi rimetto a disegnare
Pasquetta a Sirmione terra di Catullo
Viviamo di penombra e di luce, perché non tutto si può scorgere e capire.
di Caranas
Gli spiriti dei cari morti e gli dèi Lari ci vivono in casa, guardandoci ogni mattina dalle nicchie ricavate nei muri che proteggono, tutti avvolti nelle immagini danzanti e in familiari statuette di bronzo.
*
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Esistono mondi al di sopra e al di sotto di noi, vicini distratti che a volte bussano alla nostra porta, come noi alla loro.
Siamo superstiziosi, eccome. Sappiamo che un lieve malore può portarci per sempre tra gli Dei Mani, che una complicazione nel parto è quasi sempre fatale alla consorte con cui i nostri uomini, a differenza dei Greci, dormono, visitano gli amici e condividono tutto. Tardo e lieve è ogni rimedio al dolore.
Per questo addolciamo la vita con scongiuri e gesti apotropaici, con simboli crociati, fallici, geometrici, che portino indietro il malocchio da dove è venuto.
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Uno sferico amuleto prezioso, allacciato sul collo, accompagna i fanciulli nella dura salita al diciassettesimo anno, ché li protegga e li salvi da ogni pericolo.
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Così una succulenta coscetta di pollo è meglio lasciarla dov’è se cadendo dalla mensa ha toccato la terra dove posano i piedi: ha già bussato alla porta degli inferi e come tale è nefasto riportarla tra noi.
Viviamo tra geometrie in bianco e nero da calpestare sui mosaici all’ingresso e colore ovunque, verde, azzurro, rosso, ocra, sui mosaici stessi e sui muri spessi di stucco e cementum, lisci di cera da blandire, passandovi accanto, con le dita e con gli occhi. Giochi di prospettiva, paesaggi ideali ampliano gli spazi dagli intonaci che ricoprono ogni parete delle nostre case signorili, in cui viviamo di prestiti a usura e di rendite avite. Viviamo di nudità umane e divine, intraviste o sfacciate, come il cinto di Venere o il fallo di Priapo che protegge ogni nostro giardino.
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A Clodia
I soli possono tramontare e risorgere;
noi invece, una volta che si spegne la nostra breve luce,
dobbiamo dormire una notte eterna.
Dammi mille baci, poi cento,
poi ancora altri mille, poi altri cento,
poi dammene altri mille, poi cento.
Infine, quando ne avremo accumulati migliaia,
li scompiglieremo, per non sapere quanti sono,
o perché nessun maligno ostile ci porti male,
a sapere nel mondo quanti baci ci siano.
(n.d.a. Qui mi è sembrato di mirare i colori del mar di Sibari)
Di lì a poco il tramonto avrebbe acceso i lumi del cielo, cui i mortali rispondono con bracieri e lucerne come Eco alle voci tra i monti.
Alla prossima ...
NOTA : tutte le foto senza asterisco sono di proprietà Caranas. In caso di download si prega di citare la fonte.
Anni '50 - Il prete nel letto
Gli inverni di inizio novecento rispettavano appieno le caratteristiche della stagione : le temperature erano spesso basse ,la gelida aria di tramontana soffiava con notevole forza dal mare e molto frequentemente già ai primi giorni di dicembre la terra si ricopriva di neve, una spessa coltre bianca che in certi anni si conservava per due o tre mesi. I primi fiocchi cominciavano a posarsi su una terra brulla e spoglia, dove l'erba seccata dalle frequenti gelate aveva assunto un colore marrone, e lentamente, il cielo ed il mondo intorno assumevano la stessa tonalità di colore; la neve era la gioia dei bambini, ma anche la disperazione dei genitori: essa rappresentava certo l'inizio di un periodo di riposo dopo il lungo lavoro dei campi ma era anche fonte di preoccupazioni in quanto impediva i movimenti ed addirittura isolava per parecchi giorni i casolari sperduti nelle campagne. Allora le strade non erano asfaltate e nella peggiore delle ipotesi nemmeno imbrecciate , alcune avevano l'aspetto di veri e propri sentieri, pieni di buche , pozze d'acqua , e il servizio spartineve municipale era ancora di là da venire. Spostarsi da una casa colonica all'altra costituiva quindi un serio problema, soprattutto nel periodo di carnevale, quando si organizzavano le veglie nelle enormi cucine dei cascinali; i momenti di incontro e di allegria non erano frequenti, quindi una nevicata inopportuna e soprattutto abbondante rischiava di rovinare quei pochi momenti di spensieratezza che anche la famiglia Polidori si concedeva. Dalle finestre si seguiva con una certa apprensione il crescere del manto nevoso, ogni ora che passava voleva dire più neve da spalare per poter uscire di casa e fare la "rotta", il sentiero cioè che permetteva di andare da una casa all'altra; in certi inverni la strada era totalmente scavata tra alte muraglie di neve , e, cosa ancor più , fastidiosa, era il fatto che ad ogni nevicata occorreva aprirla di nuovo. Durante le bufere più violente non era possibile scavare il sentiero, allora si rimaneva tutti in casa , un poco a malincuore, e raccolti davanti al grande camino si discuteva o ci si impegnava in alcune piccole faccende, come intrecciare canestri o rammendare gli abiti. La sera era dedicata alle favole per i bambini, e queste avevano sempre un lieto fine, quasi a voler riscattare la povertà che regnava sovrana nelle campagne del tempo; ecco quindi comparire per magia davanti alla fiamma scoppiettante le immagini di Pollicino che si perdeva nel bosco ma che ritrovava la strada con delle briciole di pane, oppure maghi e fate che premiavano i bimbi buoni e castigavano i cattivi per punirli del fatto di aver disobbedito i genitori. La cucina era l'unico luogo veramente caldo della casa, non esistevano caldaie e termosifoni, e nemmeno stufette elettriche per riscaldare le stanze da letto, per questo fu escogitato un modo economico e soprattutto salutare di riscaldare il letto: "il prete" . Intendiamoci, non era il curato della parrocchia che si prendeva la briga di scaldare tutti i letti della zona, ma un oggetto in legno , a forma di doppio arco, che serviva a tenere sollevate le coperte, ed al centro del quale si metteva "la suora", un recipiente in terracotta dentro al quale era conservata della brace accuratamente coperta di cenere in modo che non facesse fumo e non si spegnesse troppo presto. Sono certo che la scelta dei nomi di quei due utilissimi oggetti, sia stata sicuramente dettata da un pizzico di pungente ironia. In alcune famiglie si usava invece lo scaldaletto, un altro recipiente in lamiera con un lungo manico anch'esso pieno di brace , ma con la sola differenza che era usato subito prima di coricarsi; il prete invece rimaneva a letto per parecchio tempo, e molte volte i bambini solevano addormentarsi senza toglierlo, perché il tepore che emanava era veramente gradevole. Chi possedeva un solo prete lo usava a turno: prima si scaldava il letto dei più piccoli che per primi andavano a dormire , poi dei giovani ed infine quello dei genitori che lasciavano la cucina dopo che tutti gli altri si erano coricati. Tra le altre funzioni di questo strano oggetto, c'era anche quella di favorire la lievitazione delle cresce e del pane, molte volte infatti, soprattutto in inverno , il freddo non permetteva la normale panificazione e rallentava la crescita dei filoni; quindi si provvedeva a metterli sotto le coperte dove il calore accorciava di alcune ore il processo di lievitazione. A volte si commettevano errori veramente grossolani nel mettere il prete nel letto, come quello di porre poca cenere sotto la brace ardente, il troppo calore infatti poteva incrinare il vaso oppure in certi casi anche romperlo, con conseguente rovesciamento dei tizzoni sulle lenzuola. Così quando si entrava in camera si aveva la spiacevole sorpresa di trovarla invasa dal fumo delle lenzuola bruciate e dalla puzza della lana incenerita che riempiva il sottostante materasso. L'uso del prete rimase frequente anche negli anni sessanta: ricordo ancora la piacevole sensazione di potersi mettere a letto tra le coperte caldissime, quando fuori imperversava il vento o la pioggia: ciò dava un forte senso di protezione, anche se la camera era completamente fredda ed il respiro trasformandosi in nuvoletta si ghiacciava sui vetri della finestra.
(f. digilander.libero.it)
Vincenzo Consolo, figura particolarmente significativa della cultura del nostro tempo, se n'è andato
Ieri si è spento qui a Milano il carissimo amico scrittore Vincenzo Consolo. Un vero nobile signore, di somma cultura, cordiale, disponibile, di grande sensibilità.
Ho un ricordo indelebile di lui a Fuscaldo. Era il 12agosto 1994. Chiamato dal gruppo culturale “ Universitas Fuscalidi “ , in quel pomeriggio afoso , incalzato dalle nostre domande ci dimostrò tutto il suo grande amore per il Sud , terra dai forti contrasti , vagheggiata e ferita, terra aspra, selvaggia e ospitale. Grande moralmente e onesto intellettualmente, Consolo è venuto a mancare proprio adesso che avrei voluto intervistarlo sul Movimento dei forconi.
L’amico di Sciascia conosceva bene la sua Sicilia. Poco prima di quell’incontro culturale , in piazza gli dissi che a me sembrava che da due anni il problema della mafia non esistesse più. Mi rispose che dopo il 1992 , che era stato l’anno dell’impegno e della mobilitazione, era sceso il silenzio, un silenzio inquietante perché quando la mafia tace, si desume che i rapporti col potere politico sono ben saldi, mentre è nel momento delle rotture che avvengono vendette e fatti eclatanti.
Ora chi sentirà ancora il dovere di scrivere sulla « mala pianta» mentre tu te ne starai sereno nella notte infinita dello spazio ?
I tuoi scritti caro Vincenzo , ti faranno vivere sempre oltre tutte le distanze. Tutti noi ti siamo grati.
“CERCASI GIOVANI DISOCCUPATI PER VENDITA PORTA A PORTA”
Questo il cartello posto davanti una comunità religiosa che aveva deciso di vendere Bibbie a prezzo scontato per far guadagnare qualcosa ai giovani disoccupati.
Si presenta Massimo, un giovane balbuziente, che si offre per l’incarico.
Il Pastore e gli anziani della comunità non volevano deluderlo od offenderlo rifiutandolo a causa della sua balbuzie e decisero di inserirlo nel gruppo di vendita.
Dopo un breve corso di formazione, il Pastore disse che ogni venditore la mattina avrebbe potuto ritirare un certo numero di Bibbie, secondo la propria previsione di vendita, e la sera riscuotere le provvigioni su quelle vendute.
Degli addetti, chi ne chiese cinque, chi dieci, chi tre … Massimo ne chiese 100.
Il Pastore e gli anziani si guardarono … ma, per carità cristiana, non dissero nulla e non si opposero alla richiesta.
La sera i venditori rientrarono nella comunità per il resoconto della giornata e … quale sorpresa!!! Massimo aveva venduto tutte le 100 Bibbie.
Stupiti per l’accaduto e incapaci di trattenere la curiosità, gli anziani ed il Pastore chiesero a Massimo come avesse fatto, quest’ultimo rispose che gli bastava suonava al citofono delle case e la gente comprava immediatamente.
Gli dissero ma che dici al citofono, quali parole convincenti usi?
Massimo rispose: “Bu…o…o… gior… no Si…gno…o…ree vu...uo…le coo… mpra…re uu..na Bi…i… bbia o gli…e..la lee..gg..ggo al cii…to…oo…fo..no?
(da FB -grazie Antò)
Studi sugli uomini: come esprimete il lato femminile dentro di voi?
Il lato femminile dell'uomo è un concetto yunghiano che Yung ha chiamato "anima" mentre nella donna ci sarebbe "l'animus" che è l'aspetto maschile. I due sessi sia per disposizione che per cultura avrebbero ciascuno componenti dell'altro sesso. Spesso infatti l'attrazione avverrebbe quando una persona rimuovendo dentro di se la parte maschile o femminile la vedrebbe realizzata nel partner. Questo fatto sarebbe motivo d’ innamoramento, cioè se ad esempio io rimuovessi dentro di me la mia parte femminile m'innamorerei di una donna ricca di femminilità. Tale situazione avverrebbe per una forma di compensazione e per un processo d'individuazione e di completezza della nostra psiche . La parte femminile di un uomo è l'essere accogliente, disponibile, premuroso, protettivo, dolce, comprensivo,aperto, indulgente, timoroso,sensibile, affettuoso,ecc. In genere viene espressa con una protezione un po’ materna verso la famiglia, una sensibilità verso il male altrui e quello sociale e qualche commozione nei films di profondo significato morale.
Fonte : Animus